Dalla
Lettera Apostolica "Singulare illud" di S.S. Pio XI
«In
primo luogo il Gonzaga insegna ai giovani che la sostanza dell’educazione
cristiana ha per fondamento lo spirito di viva fede, dalla quale gli uomini,
rischiarati come “da lucerna che splende in luogo caliginoso” (2Pt. I,19),
vengano a conoscere pienamente la natura e l’importanza della vita mortale.
Pertanto Luigi, essendosi prefisso di disporre la vita sua a norma di ragioni
non “temporali” ma “eterne” - dalle quali che si diparta non può più essere o
dirsi uomo spirituale - siffatte ragioni attinte dalla divina rivelazione fu
solito considerare e meditare lungamente e profondamente nella solitudine degli
Esercizi spirituali, in cui, uscito appena di fanciullo e poi iscritto alla
Compagnia di Gesù, di tanto in tanto egli si raccoglieva con sommo frutto e
godimento dell’anima. Per la verità, riteniamo assolutamente necessario che i
nostri giovani, seguendo l’esempio del Gonzaga, imprimano bene nell’animo
questa verità, che cioè la vita umana non si deve tanto rimpicciolire da far sì
che si restringa tutta nella ricerca e nel godimento dei beni caduchi, come
accade non raramente per i giovani, ma al contrario essa debba essere
considerata da noi come un veicolo con il quale, servendo solo a Cristo,
tendiamo alla eterna beatitudine. E facilmente i nostri adolescenti
conquisteranno questo giusto concetto della vita se, imitando il celeste
Patrono, si allontaneranno talvolta dal tumulto delle cose umane e si
applicheranno per alcuni giorni agli Esercizi spirituali che, come testimonia
una lunga esperienza, sono nati per conquistare salutarmente e stabilmente gli
animi teneri e docili dei giovani. Luigi, come dicemmo, rischiarato dalla luce
delle eterne verità, avendo fatto proposito di non lasciar nulla d’intentato
pur di condurre una vita innocentissima, perseverò con tale costanza nel
proposito, che dal primo uso di ragione fino all’ultimo respiro si conservò
immune da ogni macchia di peccato grave; e in particolare conservò così
gelosamente il fiore della sua purezza, immune da qualsiasi minimo neo, da
meritare che i compagni gli dessero il nome di Angelo - quello stesso nome con
il quale il popolo cristiano da allora lo ha sempre chiamato - e che il Beato
Roberto Bellarmino, che del Santo adolescente fu espertissimo direttore
spirituale, lo considerasse garantito nella grazia. Né Luigi raggiunse tale
perfezione e pienezza di virtù perché, grazie ad un favore eccezionale di Dio, fu
esente da quelle lotte interne ed esterne che assai spesso ci tocca sostenere
contro la natura decaduta dalla giustizia originale. Perché, se per un
privilegio certamente singolare egli non fu mai tormentato da stimoli
libidinosi, tuttavia, in ragione dei suoi alti destini, non fu completamente
insensibile ai fremiti della collera ed alle lusinghe della vanagloria. E tali
propensioni della natura non solo frenò con indomita volontà, ma tenne
assolutamente sottomesse al potere della ragione. Poiché, tuttavia, non
ignorava la naturale debolezza delle forze umane e soprattutto diffidava di se
stesso, cercò di assicurarsi l’aiuto di Dio pregando giorno e notte, per molte
ore ininterrotte, e per ottenere la clemenza divina ricorreva al patrocinio
della Vergine Madre di Dio, della quale era uno dei più assidui devoti. Sapendo
poi che nella santissima Eucaristia sono la sorgente e il sostegno di tutta la
vita spirituale, era solito accostarsi alla mensa divina ogni volta che, in
quel tempo, era consentito, per ricavarne ed attingerne forze sempre più
fresche. Pur custodire illibata l’innocenza della vita e la castità dei costumi
- la cooperazione umana non deve mai disgiungersi dalla grazia divina - al
devotissimo culto dell’Augusto Sacramento e della Madre di Dio egli unì la fuga
dalle cose mondane e tale castigatezza di sensi che gli altri uomini possono in
gran parte ammirare ma non eguagliare. Infatti, è cosa mirabile ed appena
credibile che, fra tanta corruttela di costumi, il Gonzaga per il candore
dell’anima gareggiasse con gli spiriti celesti; fra tanta ricerca dei piaceri,
il giovane si segnalasse per una singolare astinenza e per austerità ed
asprezza di vita; fra tanta cupidigia di onori, Luigi li disprezzasse talmente
e li sdegnasse, da abdicare molto volentieri al principato che gli spettava per
diritto ereditario, e chiedesse di essere accolto in quella famiglia religiosa
nella quale, per voto speciale è precluso l’adito anche alle dignità sacre;
infine, fra tanto smoderato culto dell’antica civiltà greca e romana, Luigi fu
così assiduo nello studio e nella pratica delle cose celesti, che per un
particolare dono di Dio e per un singolarissimo impegno proprio viveva con
l’anima tutta intesa a Dio, sì che nel contemplare non pativa distrazioni.
Queste, certamente, sono altezze di santità straordinaria, e quasi
inaccessibili agli stessi uomini di consumata virtù; ma ciò deve servire di
ammaestramento ai nostri giovani e far loro intendere quali mezzi debbono usare
per serbare incolumi quelli che sono il decoro e l’ornamento più bello della
gioventù, cioè l’ innocenza dei costumi e la castità. In proposito non
ignoriamo che alcuni educatori della gioventù, spaventati dall’attuale
depravazione dei costumi per la quale tanti giovani precipitano nell’estrema
rovina, con incredibile detrimento delle anime, allo scopo di tener lontano dal
civile consorzio un così grave e disastroso danno, si sono impegnati ad
escogitare nuovi sistemi educativi. Ma Noi vorremmo che costoro intendessero
bene come nessun utile recheranno alla comunità qualora trascurassero quelle
arti e quelle discipline che, attinte dalla fonte della cristiana sapienza e
provate dall’uso di molti secoli, Luigi stesso sperimentò efficacissime in sé:
la fede viva, la fuga dalle seduzioni, il governo e il freno dell’animo,
un’operosa devozione verso Dio e la beata Vergine, infine la vita quanto più
spesso confortata e rinvigorita dal celeste banchetto. Se i giovani guarderanno
con animo attento il Gonzaga quale perfetto modello di castità e di santità,
non solo impareranno a reprimere le passioni, ma eviteranno anche il pericolo
nel quale cadrebbero qualora, imbevuti dei dettami di una certa scienza che
disprezza la dottrina di Cristo e della Chiesa, si lasciassero traviare da
un’intemperante brama di libertà, dall’orgoglio della mente e dall’indipendenza
della volontà. Luigi, al contrario, pur sapendosi erede dell’avito principato,
si lasciò guidare docilmente da coloro che gli furono maestri negli studi e
nella pietà, e più tardi, fattosi religioso della Compagnia di Gesù, si
sottopose con tanta perfezione agli ordini ed ai consigli dei superiori da non
allontanarsi nemmeno di un’unghia da ciò che viene prescritto dall’Istituto. A
nessuno sfuggirà quanto siffatto comportamento contrasti con la condotta di quei
giovani che, ingannati da una certa apparenza di bene e insofferenti di
qualsiasi freno, non tengono in alcun conto gli ammonimenti dei vecchi.
Pertanto, coloro che vogliono militare sotto le insegne di Cristo debbono avere
la certezza che, volendo scuotere da sé il giogo della disciplina, in luogo di
raccogliere trionfi, non faranno che riportare sconfitte ignobili; dato che la
natura stessa richiede, per divina disposizione, che i giovani non possano
realizzare alcun vero profitto, sia nella vita intellettuale e morale, sia
nell’informare la propria condotta allo spirito cristiano, se non sotto
l’altrui magistero. Se tutto questo riguarda le altre discipline, una maggiore
docilità d’animo è certamente richiesta per quanto si riferisce ai settori
dell’azione e dell’apostolato: tali uffici, che rientrano nel mandato affidato
da Cristo alla Chiesa, non potranno essere esercitati santamente ed utilmente
se non compiuti con animo devoto verso coloro che lo Spirito Santo “ha posto
quali vescovi a reggere la Chiesa di Dio” (Act. XX, 28). Come già nel paradiso
terrestre, Satana, promettendo ai progenitori del genere umano incredibili
vantaggi quale premio della disobbedienza inducendoli a ribellarsi a Dio, così
ai giorni nostri, con il pretesto della libertà egli corrompe e trae in rovina
tanti giovani gonfi di vuota superbia, mentre la loro dignità è riposta
nell’obbedienza dovuta alla legittima autorità. In verità, Luigi, che per la
sua insigne prudenza era circondato da tanta ammirazione presso i suoi che fondavano
nel suo futuro principato le più liete speranze, e dai suoi correligionari che
lo consideravano futuro generale dell’Ordine, egli sentiva soltanto disistima
di sé e ubbidiva a tutti coloro che gli erano preposti in nome del suo eterno
Signore e Re, con umilissima e ad un tempo stesso dignitosa sottomissione. Da
una condotta di vita tanto santa e illuminata dalla luce e dai dettami della
fede, Luigi raccolse i più soavi e preziosi frutti: in lui i doni di natura e
di grazia si integravano in così perfetta armonia da rappresentare un esemplare
modello della gioventù. Infatti non è forse vero che, per eccellenza d’ingegno,
per maturità di giudizio, per nobiltà e forza di sentimento, per dolcezza e
soavità di tratto egli rappresenta un modello ideale? Della elevatezza e
perspicacia della sua intelligenza, libera dalle nebbie che sorgono dalle
passioni malsane, sempre dedito alla contemplazione e alla ricerca del vero e
del retto, fanno testimonianza il corso degli studi da lui compiuti, e le
pubbliche dispute filosofiche sostenute con universale approvazione e plauso,
ed anche gli scritti - specialmente le lettere - che quantunque non siano
molti, tenuto conto della sua giovane età, si raccomandano per la sapiente
conoscenza e valutazione delle cose. La rettitudine e l’acutezza del suo
giudizio si sono manifestate luminosamente in difficili affari affidatigli dal
padre e da lui trattati con prudenza e condotti a felice termine; fra gli altri
in quello non meno arduo per cui, dopo la morte del padre, riuscì a riconciliare
il proprio fratello principe col Duca di Mantova, eliminando rivalità e odii.
Del suo nobile cuore e della sua affabilità facevano poi unanimi ed amplissime
lodi tutti coloro che ebbero rapporti con lui, sia nella vita comune sia negli
splendori della reggia, concittadini e domestici, principi e cortigiani, e
soprattutto superiori e fratelli della Compagnia, ove suscitò presso tutti una
generale ammirazione. D’altra parte, sappiamo come splendevano in Luigi in modo
particolare la fermezza del carattere e la costanza della volontà. Il piccolo
erede del principato di Castiglione, essendosi proposto fin dalla più tenera
età di giungere alla santità, a tale impegno rimase fedele fino alla morte, in
modo che l’ascensione spirituale, che principiò in lui con l’uso della ragione,
non conobbe poi né sosta né regresso. È dunque possibile proporre ai giovani -
specialmente a coloro che studiano - un modello più opportuno e più adatto da
imitare? Essi, infatti, non solo hanno bisogno di arricchire la mente e il
cuore di una sana e solida cultura, ma devono anche possedere un criterio
saggio, sereno, equilibrato per giudicare e valutare rettamente gli uomini e
gli eventi, senza lasciarsi traviare né da false illusioni, né da sconvolgenti
o snervanti passioni, né dalla pubblica opinione; devono affermarsi per bontà e
dolcezza, al fine di mantenere e promuovere la concordia in seno alla famiglia
e alla società civile; con volontà ferma e costante potranno indirizzare se
stessi e gli altri lungo la via del bene. In Luigi non mancarono neppure una
mirabile attività e un fervido impegno a vantaggio degli altri, cioè
quell’apostolato verso il quale per l’età e il temperamento i giovani si
sentono portati. Infatti, quantunque la contemplazione delle cose celesti e il familiare
colloquio con Dio fossero l’occupazione principale e più assidua del Gonzaga,
tanto che la sua vita poteva esattamente essere definita “nascosta con Cristo
in Dio” (Col. III, 3), tuttavia dal suo cuore prorompevano sin d’allora
scintille di ardore apostolico, che in certo modo preannunziavano le vampe
dell’incendio che ne doveva seguire. Così, appena uscito dalla puerizia, lo
vediamo edificare con l’esempio e con sante conversazioni tutti coloro con i
quali s’intratteneva, infiammandoli alla virtù in tutte le occasioni; e poi con
l’avanzare negli anni, eccolo attratto da maggiori ideali, cioè aspirare alle
più alte ed ardue imprese per la salute delle anime, e vagheggiare di darsi
alle missioni apostoliche fra gli eretici e fra i pagani. Così Roma ammirò
Luigi, alunno del Collegio Romano, percorrere le piazze, le vie, i vicoli della
città, insegnando gli elementi della dottrina cristiana ai fanciulli e ai
poveri; Roma fu testimone dell’eroica carità con la quale egli, fra
l’imperversare della peste, si dedicò al servizio degli infetti, contraendo il
contagio di quel morbo che, dopo pochi mesi, giovane appena di 24 anni, doveva
condurlo al sepolcro. E anche qui si apre ai nostri giovani un vastissimo campo
nel quale potrebbero operare largamente sull’esempio di Luigi, cioè imitarlo e
seguirlo sulla retta via, nell’apostolato dei buoni discorsi, nell’amore e
nello zelo per le sacre Missioni, nell’insegnamento della dottrina cristiana,
nell’esercizio delle forme più svariate di carità. Basterebbe che si dedicassero
a queste iniziative le schiere della gioventù cattolica, perché la forma
dell’apostolato di Luigi ritornasse in fiore, opportunamente adattato ai
bisogni presenti: quell’apostolato Aloisiano, diciamo, che, lungi dall’essere
venuto meno con la morte del Gonzaga, continua ancora salutarmente dal cielo».
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