Con
deplorevoli frutti, l'età nostra, impaziente di freno nell'indagare le somme
ragioni delle cose, non di rado segue talmente le novità, che, lasciata da
parte, per così dire, l'eredità del genere umano, cade in errori gravissimi.
Questi errori sono di gran lunga più pericolosi qualora si tratti della
disciplina sacra, dell'interpretazione della Sacra Scrittura, dei principali
misteri della Fede. È da dolersi poi grandemente che, anche fra i
cattolici, si trovino non pochi scrittori i quali, trasgredendo i limiti
stabiliti dai Padri e dalla Santa Chiesa stessa, sotto le apparenze di più alta
intelligenza e col nome di considerazione storica, cercano un progresso dei
dogmi che, in realtà, è la corruzione dei medesimi. Affinché dunque
simili errori, che ogni giorno si spargono tra i fedeli, non mettano radici
nelle loro anime e corrompano la sincerità della Fede, piacque al Santissimo
Signore Nostro Pio per divina Provvidenza Papa X, che per questo officio della
Sacra Romana ed Universale Inquisizione si notassero e si riprovassero quelli
fra di essi che sono i precipui. Perciò, dopo istituito diligentissimo esame e
avuto il voto dei Reverendi Signori Consultori, gli Eminentissimi e
Reverendissimi Signori Cardinali Inquisitori generali nelle cose di fede e di
costumi, giudicarono che le seguenti proposizioni sono da riprovarsi e da
condannarsi, come si riprovano e si condannano con questo generale Decreto:
1.
La legge ecclesiastica che prescrive di sottoporre a previa censura i libri
concernenti la Sacra Scrittura non si estende ai cultori della critica o
dell'esegesi scientifica dei Libri dell'Antico e del Nuovo Testamento.
2.
L'interpretazione che la Chiesa dà dei Libri sacri non è da disprezzare, ma
soggiace ad un più accurato giudizio e alla correzione degli esegeti.
3.
Dai giudizi e dalle censure ecclesiastiche, emanati contro l'esegesi libera e
superiore, si può dedurre che la fede proposta dalla Chiesa contraddice la
storia, e che i dogmi cattolici in realtà non si possono accordare con le vere
origini della religione cristiana.
4. Il
magistero della Chiesa non può determinare il genuino senso delle sacre
Scritture nemmeno con definizioni dogmatiche.
5. Siccome
nel deposito della fede non sono contenute solamente verità rivelate, in nessun
modo spetta alla Chiesa giudicare sulle asserzioni delle discipline umane.
6. Nella
definizione delle verità, la Chiesa discente e la Chiesa docente collaborano in
tale maniera, che alla Chiesa docente non resta altro che ratificare le comuni
opinioni di quella discente.
7.
La Chiesa, quando condanna gli errori, non può esigere dai fedeli nessun
assenso interno che accetti i giudizi da lei dati.
8.
Sono da ritenersi esenti da ogni colpa coloro che non tengono in alcun conto
delle riprovazioni espresse dalla Sacra Congregazione dell'Indice e da altre
Sacre Congregazioni Romane.
9.
Coloro che credono che Dio è l'Autore della Sacra Scrittura sono influenzati da
eccessiva ingenuità o da ignoranza.
10.
L'ispirazione dei Libri dell'Antico Testamento consiste nel fatto che gli
Scrittori israeliti tramandarono le dottrine religiose sotto un certo aspetto
particolare in parte conosciuto e in parte sconosciuto ai gentili.
11. L'ispirazione
divina non si estende a tutta la Sacra Scrittura al punto che tutte e singole
le sue parti siano immuni da ogni errore.
12.
L'esegeta, qualora voglia affrontare con utilità gli studi biblici, deve,
anzitutto, lasciar cadere quel certo qual preconcetto inerente l'origine
sovrannaturale della Sacra Scrittura.
13. Gli
stessi Evangelisti e i Cristiani della seconda e terza generazione composero le
parabole evangeliche in modo artificioso così da spiegare gli esigui frutti
della predicazione di Cristo presso i giudei.
14. Gli
Evangelisti riferirono in molte narrazioni non tanto ciò che effettivamente
accadde, quanto ciò che essi ritennero maggiormente utile ai lettori, ancorché
falso.
15. Gli
Evangeli furono soggetti a continue aggiunte e correzioni, fino alla definizione
e alla costituzione del canone; in essi, pertanto, della dottrina di Cristo,
non rimase che un tenue e incerto vestigio.
16. I
racconti d Giovanni non sono propriamente storia, ma mistica contemplazione del
Vangelo; i discorsi contenuti nel suo Vangelo sono meditazioni teologiche sul
Mistero della Salvezza, destituite di verità storica.
17.
Il quarto Evangelo esagerò i miracoli, non solo perché apparissero maggiormente
straordinari, ma anche affinché fossero più adatti a significare l'opera e la
gloria del Verbo Incarnato.
18.
Giovanni rivendica a sé il ruolo di testimone di Cristo; in verità egli non è
che un eccellente testimone di vita cristiana, ovvero della vita di Cristo alla
fine del primo secolo.
19.
Gli esegeti eterodossi espressero più fedelmente il vero senso della Scrittura
di quanto non abbiano fatto gli esegeti cattolici.
20. La
Rivelazione non poté essere altro che la coscienza acquisita dall'uomo circa la
sua relazione con Dio.
21.
La Rivelazione, che costituisce l'oggetto della Fede cattolica, non si è
conclusa con gli Apostoli.
22. I
dogmi, che la Chiesa presenta come rivelati, non sono verità cadute dal cielo,
ma l'interpretazione di fatti religiosi, che la mente umana si è data con
travaglio.
23. Può
esistere, ed esiste in realtà, un'opposizione tra i fatti raccontati dalla
Sacra Scrittura ed i dogmi della Chiesa fondati sopra di essi; sicché il
critico può rigettare come falsi i fatti che la Chiesa crede certissimi.
24.
Non dev'essere condannato l'esegeta che pone le premesse, cui segue che i dogmi
sono falsi o dubbi, purché non neghi direttamente i dogmi stessi.
25.
L'assenso della Fede si appoggia da ultimo su una congerie di probabilità.
26. I
dogmi della Fede debbono essere accettati soltanto secondo il loro senso
pratico, cioè come norma precettiva riguardante il comportamento, ma non come
norma di Fede.
27.
La Sacra Scrittura non prova la Divinità di Gesù Cristo; ma è un dogma che la
coscienza cristiana deduce dal concetto di Messia.
28.
Gesù, durante il suo Ministero, non parlava per insegnare di essere il Messia,
né i suoi miracoli miravano a dimostrarlo.
29. Si
può ammettere che il Cristo storico sia molto inferiore al Cristo della Fede.
30.
In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale
soltanto al nome "Messia" e non significa assolutamente che Cristo è
vero e naturale Figlio di Dio.
31.
La dottrina su Cristo, tramandata da Paolo, Giovanni e dai Concili Niceno,
Efesino e Calcedonense, non è quella insegnato da Gesù, ma che su Gesù concepì
la coscienza cristiana.
32.
Non è possibile conciliare il senso naturale dei testi evangelici con quello
che i nostri teologi insegnano circa la coscienza e la scienza infallibile di
Gesù Cristo.
33.
È evidente a chiunque non sia influenzato da opinioni preconcette che Gesù ha
professato un errore circa il prossimo avvento messianico, o che la maggior
parte della sua dottrina, contenuta negli Evangeli sinottici, è priva di
autenticità.
34.
Il critico non può affermare che la scienza di Cristo non sia circoscritta da
alcun limite, se non ponendo ipotesi - non concepibile storicamente e che
ripugna al senso morale - secondo la quale Cristo abbia avuto la conoscenza di
Dio in quanto uomo e non abbia voluto in alcun modo darne notizia ai discepoli
e alla posterità.
35. Cristo
non ebbe sempre la coscienza della sua dignità messianica.
36. La
Risurrezione del Salvatore non è propriamente un fatto di ordine storico, ma un
fatto di ordine meramente sovrannaturale, non dimostrato né dimostrabile, che
la coscienza cristiana lentamente trasse dagli altri.
37.
La Fede nella Risurrezione di Cristo inizialmente non fu tanto nel fatto stesso
della Risurrezione, quanto nella vita immortale di Cristo presso Dio.
38.
La dottrina concernente la Morte espiatrice di Cristo non è evangelica, ma solo
paolina.
39.
Le opinioni sull'origine dei Sacramenti, di cui erano imbevuti i Padri
tridentini, e che senza dubbio ebbero un influsso nei loro Canoni dogmatici,
sono molto distanti da quelle cui ora gli storici del Cristianesimo dànno
credito.
40.
I Sacramenti ebbero origine perché gli Apostoli e i loro successori
interpretarono una certa idea e intenzione di Cristo, sotto la persuasione e la
spinta di circostanze ed eventi.
41.
I Sacramenti hanno come unico fine di ricordare alla mente dell'uomo la
presenza sempre benefica del Creatore.
42.
La comunità cristiana inventò la necessità del Battesimo, adottandolo come rito
necessario e annettendo ad esso gli obblighi della professione cristiana.
43.
L'uso di conferire il Battesimo ai bambini fu un'evoluzione disciplinare,
ragion per cui il Sacramento è diventato due, cioè il Battesimo e la Penitenza.
44.
Nulla prova che il rito del Sacramento della Confermazione sia stato istituito
dagli Apostoli; la formale distinzione di due Sacramenti, cioè del Battesimo e
della Confermazione, non risale alla storia del cristianesimo primitivo.
45.
Non tutto ciò che narra Paolo a proposito dell'istituzione dell'Eucaristia [I
Cor., 11, 23-25] è da considerarsi fatto storico.
46.
Il concetto della riconciliazione del cristiano peccatore, per autorità della
Chiesa, non fu presente nella comunità primitiva: fu la Chiesa ad abituarsi
lentamente a questo concetto. Per di più, dopo che la Penitenza fu riconosciuta
quale istituzione della Chiesa, non veniva chiamata col nome di Sacramento,
poiché era considerata come Sacramento vergognoso.
47.
Le parole del Signore "Ricevete lo Spirito Santo; a coloro ai quali
rimetterete i peccati saranno rimessi e a coloro ai quali non li rimetterete
non saranno rimessi" [Gv., 20, 22-23] non si riferiscono al Sacramento
della Penitenza, anche se i Padri tridentini vollero affermarlo.
48.
Giacomo, nella sua epistola [Gm., 5, 14 sqq.], non volle promulgare un
Sacramento di Cristo, ma raccomandare una pia pratica e se in ciò riconobbe un
certo qual mezzo di Grazia, non lo intese con quel rigore con cui lo intesero i
teologi che stabilirono la nozione e il numero dei Sacramenti.
49.
Coloro che erano soliti presiedere alla cena cristiana acquisirono il carattere
sacerdotale per il fatto che essa progressivamente andava assumendo l'indole di
un'azione liturgica.
50.
Gli anziani che, nelle adunanze dei Cristiani, esercitavano l'ufficio di
vigilanza, furono dagli Apostoli creati preti o vescovi per provvedere
all'ordinamento necessario delle crescenti comunità, e non propriamente per
perpetuare la missione e la potestà Apostolica.
51.
Il Matrimonio fu riconosciuto dalla Chiesa come Sacramento della nuova Legge
solo molto tardi; infatti, perché il Matrimonio fosse considerato Sacramento,
era necessario che lo precedesse la piena dottrina della Grazia e la
spiegazione teologica del Sacramento.
52. Cristo
non volle costituire la Chiesa come società duratura sulla terra, per lunga
successione di secoli; anzi, nella mente di Cristo, il regno del Cielo,
unitamente alla fine del mondo, doveva essere prossimo.
53. La
costituzione organica della Chiesa non è immutabile; ma la società cristiana,
non meno della società umana, va soggetta a continua evoluzione.
54.
I dogmi, i sacramenti, la gerarchia, sia nel loro concetto come nella loro
realtà, non sono che interpretazioni ed evoluzioni dell'intelligenza cristiana,
le quali svilupparono e perfezionarono il piccolo germe latente nel Vangelo con
esterne aggiunte.
55. Simon
Pietro non ha mai sospettato di aver ricevuto da Cristo il primato nella Chiesa.
56. La
Chiesa Romana diventò capo di tutte le Chiese non per disposizione della Divina
Provvidenza, ma per circostanze puramente politiche.
57.
La Chiesa si mostra ostile ai progressi delle scienze naturali e teologiche.
58. La
verità non è immutabile più di quanto non lo sia l'uomo stesso, poiché si evolve
con lui, in lui e per mezzo di lui.
59. Cristo
non insegnò un determinato insieme di dottrine applicabile a tutti i tempi e a
tutti gli uomini, ma piuttosto iniziò un certo qual moto religioso adattato e
da adattare a diversi tempi e circostanze.
60.
La dottrina cristiana fu, nel suo esordio, giudaica; poi divenne, per
successive evoluzioni, prima paolina, poi giovannea, infine ellenica e
universale.
61.
Si può dire senza paradosso che nessun passo della Scrittura, dal primo
capitolo della Genesi fino all'ultimo dell'Apocalisse, contiene una dottrina
perfettamente identica a quella che la Chiesa insegna sullo stesso argomento, e
perciò nessun capitolo della Scrittura ha lo stesso senso per il critico e per
il teologo.
62. Gli
articoli principali del Simbolo apostolico non avevano per i cristiani dei
primi tempi lo stesso significato che hanno per i cristiani del nostro tempo.
63.
La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica,
perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i
progressi odierni.
64.
Il progresso delle scienze richiede una riforma del concetto che la dottrina
cristiana ha di Dio, della Creazione, della Rivelazione, della Persona del
Verbo Incarnato e della Redenzione.
65. Il
Cattolicesimo odierno non può essere conciliato con la vera scienza, a meno che
non si trasformi in un cristianesimo non dogmatico, cioè in protestantesimo
lato e liberale.
Nella
seguente Feria V, il giorno 4 dello stesso mese ed anno, fatta di tutte queste
cose accurata relazione al Santissimo Signor Nostro Pio Papa X, Sua Santità
approvò e confermò il Decreto degli Eminentissimi Padri e diede ordine che
tutte e singole le sopra enumerate proposizioni siano considerate da tutti come
riprovate e condannate.
Pietro
Palombelli,
Notaro
della Sacra Inquisizione Romana ed Universale
Dato
a Roma, presso il Palazzo del Sant'Uffizio, il giorno 3 del mese di Luglio
dell'anno 1907
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