lunedì 30 aprile 2018

Santa Caterina da Siena nelle parole di Pio XII

Pio XII, con apposito breve apostolico, il 18 giugno 1939 si degnava di costituire san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena Patroni d’Italia al cospetto di Dio. Il 5 maggio dell’anno successivo per celebrarli solennemente lo stesso Sommo Pontefice si recava nella Basilica di santa Maria sopra Minerva, che è officiata dai Padri Domenicani e conserva le spoglie mortali della Vergine domenicana in cui la donna è fatta consigliera e partecipe dell’agire del Supremo Gerarca della Chiesa del Cristo. Dopo la messa Papa Pacelli, pronunciò un dotto ed eloquente panegirico dei due Santi.

Pio XII dal pulpito della Minerva pronunzia il discorso

Tomba di santa Caterina da Siena sotto l’altar maggiore di Santa Maria sopra Minerva



Dio fece grande e operosa in Caterina la donna; operoso e grande in Francesco l’uomo, esaltando in essi, con tratti di divine e somme immagini, le radici dell’umana famiglia, e coronando ambedue del sigillo di stimmate di passione ineffabile, in Francesco aperte, in Caterina (lei vivente) invisibili, quasi a dimostrare che anche sotto il velo della carne con un medesimo dolore si vive e si opera nell’amore. È il mistero della vita e dell’opera dei santi, degli eroi e delle eroine di Cristo: di sublimarsi nell’amore per inabissarsi in un dolore, che è imitazione di Cristo, compassione degl’infelici, sacrificio e olocausto di se stessi per la loro rigenerazione e concordia, restaurazione dei costumi, rimedio dei mali, lotta per il bene e per la pace, vittoria e trionfo della verità nella giustizia e nella carità dei fratelli e dei popoli; in un dolore che non soffoca o spegne il sorriso sul labbro, né la benignità della parola o nel cuore il balzo della tenerezza e l’ardore del coraggio. Non è forse questo il gaudio di Paolo negli affanni delle sue tribolazioni? «Superabundo gaudio in omni tribulatione nostra» [1]. Caterina era nata con un cuore di donna e un ardimento di martire, con una mente pronta e un animo virile; e in lei voi vedete un fulgido esempio di ciò che in tempi agitatissimi può la donna forte. Se, di sotto a quest’altare, si levasse viva in mezzo a noi, ne udireste, meglio che dalle mirabili sue lettere, l’ardente e mite impeto di uno zelo apostolico, vibrante in voce di vergine, la quale altra patria non conosce che il cielo, e in cielo vorrebbe cambiata anche la patria di quaggiù. La Chiesa di Cristo, ella scrive, è un glorioso giardino, dove Dio mette i suoi lavoratori che lo coltivino, e quei lavoratori siamo tutti noi; in un modo, tutti i fedeli cristiani, i quali debbono lavorare con umili e sante orazioni e con vera obbedienza e riverenza alla Santa Chiesa; in altro modo, coloro che sono posti per ministri dei santi sacramenti a pascere e nutrire spiritualmente i credenti; in terzo modo, coloro che servono la Chiesa fedelmente dell’avere e della persona per il suo incremento e la sua esaltazione, « virilmente affaticandosi con vera e santa intenzione per la dolce sposa di Cristo. È questa (dice la vergine Senese) la più dolce fatica, e di più utilità, che alcuna altra fatica del mondo» [2]. Tutto è dolce per lei, che di dolcezza insapora la croce e la morte, il cielo e la terra. E in questo servigio della Chiesa voi ben comprendete, diletti Figli, come Caterina precorra i nostri tempi, con una azione che amplifica l’anima cattolica e la pone al fianco dei ministri della fede, suddita e cooperatrice nella diffusione e difesa del vero e nella restaurazione morale e sociale del vivere civile. «Ora è il tempo dei martiri novelli…», essa esclamava, «però che, servendo alla Chiesa e al Vicario di Cristo, servite a… Cristo crocifisso» [3]. E l’eroica vergine di Siena, sorretta dalla visione e dal mandato del suo dolce Gesù, combatté per la Chiesa e per il Vicario di Cristo; nuova Debora, liberatrice della sua gente [4], nuova Giuditta senza ferro. Se per lei la Chiesa era il giardino dei cristiani, era pure insieme la vigna del Signore, nella quale conviene lavorare la vigna dell’anima nostra e la vigna del prossimo [5], che è quella dei fratelli per sangue, per vicinato, per patria; tra i quali si sentì figlia, sorella, madre di affetto, di compassione e di aiuto. E come lavorasse l’anima sua, non lo dicono forse i gigli virginei del suo cuore e il fuoco della carità, onde fu innamorata di Dio e del prossimo? Nella breve giornata dei suoi trentatré anni, quanto non fece questa angelica vergine d’Italia! Dall’opera di lei comprenderete l’indole e la tristezza del suo tempo, quando la sede di Pietro era esule dall’Urbe, quando Roma vedovata era in preda alle fazioni, quando i municipi italiani venivano parteggiando e fieramente guerreggiandosi, quale per i guelfi, quale per i ghibellini. Nell’azione di questa donna forte splende tutto ciò ch’è di vero, di onesto, di giusto, di santo, di amabile, tutto ciò che fa buon nome, che è virtù e lode di disciplina [6]. A lei la massima gloria di aver ricondotto a Roma il Pontefice, impresa, a cui non valse la più armoniosa lira del suo secolo temprata dalla dolcezza italica. Per Urbano VI Caterina fu la rinata Matilde di Canossa; e con lettere a regine, a principi, a municipi, gli mantenne fedele l’Italia, umiliando l’avversario con l’esaltazione della vittoria riportata a Marino dall’esercito di Alberico da Barbiano. In Roma morirà l’eroica donna; moriva nel settimo lustro dei suoi anni pieni di ardente vita; moriva fra la sua famiglia spirituale commossa, presente l’addoloratissima sua madre. Spettacolo memorando e sublime in quell’ora della nascita, non alla terra, ma al cielo! Moriva pregando per il Papa e per la Chiesa, divina tutrice della fede e della gloria d’Italia; e nella tranquillità della morte, aspettando la risurrezione rinnovatrice di vita più fulgida e non caduca, Noi la contempliamo sotto quest’ara e invochiamo il suo potente nome a protezione non solo di Roma, ma dell’Italia tutta.


[1] 1 Cor., VII, 4.

[2] Lettere di Santa Caterina da Siena, a cura di N. Tommaseo, vol. III, pp. 95-96.

[3] L. c., vol. 17, pp. 346-347.

[4] Iud., 4-5.

[5] L. c., vol. IV, p. 175 e sgg.


[6] Phil., IV, 8.



Altrove abbiamo pubblicata la parte del medesimo discorso riferita a San Francesco: San Francesco nelle parole di Pio XII.






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